L’astrocitoma non è una stella
Inviato da Nicola
Dicembre 2011, nell’ufficio della mia nuova società web faccio questa banale considerazione.
Inizia tutto così: 40 anni, due figli di 6 e 3 anni, una moglie coetanea e tanto entusiasmo per l’attività appena avviata.
Diplopia: ci vedo doppio, leggermente.
Un banale problema alla vista mi dico.
È ancora lontana anni luce quella parola che suonerà poi così famigliare: tumore.
Mi attivo con una serie di controlli ortottici e oculistici che vanno avanti per un paio di mesi. Sono sereno e, anche se il disturbo cambia spesso, non ci faccio poi troppo caso, sono impegnato in tutt’altre faccende per dare peso alla cosa.
Dopo diverse visite un oculista mi consiglia una risonanza magnetica all’encefalo.
È il 15 marzo 2012 e faccio la mia prima Rm, seguita da un’altra visita ortottica.
La diagnosi la sento a Brescia: “ipotesi di glioma ad alto tasso di malignità”. Tumore maligno al cervello. Mi devono ricoverare subito.
Ancora non mi rendo conto bene della situazione.
Certo è grave e del tutto inaspettata.
Dai medici il primo approccio è quasi di rassegnazione non cerco parole di fiducia o conforto. Sento quasi commiserazione.
Danno l’annuncio, apparentemente dispiaciuti ma con distacco sconcertante.
Basterebbe una mano sulla spalla e invece niente, nessun contatto.
A casa (ho firmato per tornare il giorno dopo), racconto tutto pesando le parole in modo da non mettere ansie e tensioni, ci sono i bambini e non so bene come comportarmi.
Ovviamente non è facile.
Il primo aiuto arriva da mio fratello Alessandro e mia cugina Laura, che è un medico.
Da quel giorno, assieme a mia moglie, una presenza che è stata fondamentale, non mi abbandonano nemmeno per un istante, tra visite, ricoveri, diagnosi. Li consideravo i miei gladiatori.
Le settimane successive le passo dentro e fuori l’Ospedale di Brescia, dove mi tengono in osservazione.
Nessuno si sbilancia, fa previsioni o ipotesi concrete: il tumore è in una zona inaccessibile, per cui non si può prelevare alcun campione da analizzare senza rischi e lesioni.
Sono sempre al buio ma sicurissimo di guarire.
L’idea della morte per tumore mi sfiora ma la scaccio, o meglio la nego. Ogni giorno cerco di sfuggire al pensiero di morire concentrandomi sulle cose pratiche e concrete, come ho sempre fatto.
Passano le settimane e cresce lo sconforto e l’impotenza. La sensazione di essere parcheggiato in attesa degli eventi è insopportabile.
Vedo i medici parlare tra di loro... parlano di me, non di altri!
Questi consulti quotidiani si spandono nell’aria come una nebbia: parole mezze sentite, cartelle cliniche compilate, prescrizioni e ipotesi diverse.
Ma il malato sono io, chi meglio di me può guidare il medico se da lui correttamente indirizzato?
Ogni paziente ha il diritto non solo di essere aggiornato, ma coinvolto nel percorso terapeutico che lo riguarda. Per il suo bene ma anche per coadiuvare l’attività dei dottori che lo hanno in cura.
Il paziente non è la malattia, non è “il tumore”. Egli è vita, corpo, dolori, sensazioni, percezioni e tutta l’intricata connessione tra fisico e mente che va vista e considerata nella sua totalità.
Questo, nella prima fase della mia malattia, non è mai avvenuto.
Durante le settimane di ricovero ho vissuto in prima persona la sensazione di essere un paziente totalmente passivo. Di essere “il tumore”.
Mi parlano di un altro Ospedale, un centro di eccellenza in Italia, che sarà l’ultima tappa del mio viaggio ospedaliero, dove mi propongono il “trattamento Gamma Knife”, nome suggestivo.
Decisione presa, a luglio trattamento.
Non la chiamano operazione e anche questo contribuisce a smorzare la percezione della gravità, nel bene e nel male, della mia condizione psicologica.
Entro la mattina, esco la sera “sulle mie gambe”, senza dolori o ricadute post operatorie, 50 minuti e il gioco è fatto.
Da non crederci: fino a poche settimane prima mi vedevo in una stanza asettica, pieno di flebo e sensori, imbottito di medicinali. Ora mi trovo qui, dopo due giorni sono “come nuovo”.
Certo, cortisone e tanti altri farmaci sono un problema per il fisico, continuo a ripetermi che ci vorrà solo un po’ di tempo. Ma sono guarito!
Mi sbagliavo e di molto.
Passano le settimane e inizio a inabissarmi.
Non capisco né ricordo esattamente il momento in cui inizio a scendere, è lento e inesorabile come percorso. Mi ritrovo a vivere “fuori dalla realtà”. Tutto quello che mi circonda, che vedo, sento, faccio, non mi sembra reale. Momenti di panico, sensazioni di vuoto, tutto ciò che vivo non esiste: persone, oggetti, azioni.
Vado a lavoro e il semaforo rosso sembra non diventi mai verde, non riesco a guardare la televisione perché i dialoghi mi mettono ansia.
Il baratro, non vivo più.
Tutte le mie certezze, la sicurezza di vincere la malattia, di tornare subito come prima, alla normalità, svaniscono in un attimo.
Sono perso e nessuno riesce a capirmi. Io per primo.
Proprio ora che i medici sostengono sia tutto a posto, trattamento, decorso, risonanze di controllo. Mi ritrovo davvero sotto ogni livello sopportabile, in totale apnea, indifeso e non compreso.
Poi avviene quella che io chiamo la mia rinascita.
Già da mesi ho incontri settimanali con la dott.ssa Paola, grazie all’Associazione Anastasis di Adro.
È lei che mi prende per mano e mi accompagna in superficie, per farmi respirare.
La cosa incredibile, che ancora mette emozione, è l’apparente semplicità con cui lo fa.
In realtà il lavoro è incredibilmente profondo dentro di me.
Si scava tra emozioni, sensazioni e pensieri. Si affrontano le ansie e le negazioni, le paure ma soprattutto i motivi che le fanno nascere e sviluppare dentro di me.
Mi sento letteralmente sollevato e riportato a vivere parlando, raccontando ogni settimana come vanno le cose, ma con serenità e una naturalezza così trasparente e pacifica che quasi non me ne accorgo.
Questa esperienza, questi incontri così sereni mi riportano in poche settimane a rivivere e soprattutto ad avere una coscienza di me totalmente nuova delle cose che mi circondano.
Quello che prima era un uomo che inconsapevolmente pensava di essere indistruttibile, pieno di forze e di risorse per sé e per gli altri, si scopre debole e indifeso. Spaventato e impotente di fronte a eventi ingovernabili e imprevedibili.
Ma lo accetta.
Accetta di avere dei limiti anche grandi.
Scopre addirittura che questi limiti sono talmente naturali e devono essere accettati come tali. Limiti che possono diventare, una volta capiti, dei vantaggi e dei punti di forza.
Grazie al successivo intervento e aiuto del dott. Ricciuti, sempre tramite Anastasis, riesco a rimettere il fisico in equilibrio, messo a dura prova dagli effetti collaterali dei farmaci e del trattamento.
Il dott. Ricciuti è stato l’unico medico che ha saputo darmi, in tutti questi mesi, una visione complessiva non della malattia, ma di tutto il mio corpo. Di come esso evolve costantemente e per questo va guidato.
Ho ripreso a vivere.
La malattia che mi ha colpito nel fisico è stata trattata, probabilmente in maniera definitiva, ma questa è solo una parte della mia storia.
Mai come in questo caso la mente ha avuto il sopravvento, prima in forma negativa, poi via via in positivo. Senza la malattia non avrei scoperto risorse, modi di pensare e di vedere le cose, di affrontare i problemi e le relazioni così come faccio ora.
Ognuno, sia esso un malato di cancro o un suo vicino, deve sapere che ci sono momenti tremendamente scuri, che possono portare nel profondo degli abissi ma che poi si risale, sempre.
Ogni malato non ha solo il diritto di vivere al meglio la propria vita, ma anche il dovere di farlo, rendendosi conto che ci sono risorse incredibili a cui attingere. E non mollare mai, anche con l’aiuto di altre persone.
Per quanto mi riguarda, alla fine quell’astrocitoma (l’ultima ipotesi che hanno fatto per nominare il tumore che mi ha colpito) forse era davvero una stella. O almeno può essere bello pensare così.
Quella stella non è apparsa solo nella mia vita, ma anche in quella di mia moglie.
Lei che mi è sempre stata vicina, ogni giorno e in ogni istante, ha scoperto risorse nascoste dentro di sé. Ha aperto il suo “zainetto personale” per attingere risorse, energie e doti che fino ad allora non aveva mai creduto di avere.
Di fronte ai fatti ha reagito e seguito la stella, e credo che anche lei sia diventata più forte di prima. Anzi ne sono certo.
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